Lettori fissi

lunedì 4 marzo 2013

Parliamo di serie tv: Revolution!

Non amo la televisione. 
Sono anni che non seguo le reti generaliste e i loro programmi di intrattenimento. Li trovo stucchevoli e ripetitivi, vecchi e poco adatti a me e ai tempi che corrono.



Le serie tv invece? Le adoro. Le guardo quando voglio in streaming e sono capace di fare vere e proprie maratone davanti al computer (sono in buona compagnia però: anche il mio ragazzo è sufficientemente compulsivo in tal senso!).




Oggi vi parlo di una serie che mi ha particolarmente colpita per  genere e contenuti. Si tratta di Revolution, una serie televisiva americana in onda da gennaio su Steel (canale della piattaforma pay di Mediaset Premium) in Italia. La serie è stata creata da Eric Kripke e dal mitico J.J.Abrams, quello di Lost e di Fringe per fare due conti.




Il genere è quello post apocalittico. Immaginiamo una Terra senza elettricità in seguito ad un black out. Tutto smette di funzionare (automobili, treni, computer, televisori, cellulari ecc.) e la gente si deve confrontare con una nuova realtà fatta di buio e di paura. In pratica si torna al Medioevo, con lanterne, candele  e con la legge del più forte.





«Vivevamo in un mondo fatto di elettricità. Vi facevamo affidamento per tutto. E poi la corrente andò via. Tutto smise di funzionare. Non eravamo pronti. La paura e la confusione portarono al panico. I fortunati riuscirono a uscire dalle città. Il governo collassò. Le Milizie ne presero il posto, controllando la distribuzione del cibo e accumulando armi. Non sappiamo ancora perché la corrente andò via. Ma speriamo che qualcuno arrivi ad illuminarci il cammino. » 



La storia ha inizio quindici anni dopo il blackout quando ormai le nuove generazioni di adolescenti hanno più confidenza col nuovo mondo che col vecchio. Charlie Matheson è una di questi, è una ragazza forte e molto legata alla sua famiglia. In seguito alla morte del padre, ucciso dalla Milizia del Generale Monroe, partirà insieme a pochi compagni alla ricerca del fratello da essi deportato e delle ragioni che hanno portato alla scomparsa del padre. 







Premetto che sono riuscita a vedere le prime 9 puntate della prima serie e non ne sono stata affatto delusa. Se avete amato Lost e Fringe anche questa serie non potrà che appassionarvi. 




Oltre a un'impeccabile sceneggiatura, ricca di colpi di scena e di flashback che servono a caratterizzare ancora di più i personaggi, ciò che mi ha maggiormente colpita in questa serie sta nel suo realismo. Mi spiego. Pur facendo parte del genere post apocalittico, presenta uno scenario che non è impossibile a priori. E tanto meno le conseguenze che da esso derivano. Si ritorna ad uno stato di natura dove homo homini lupus. Dove vige la legge del più forte e dove le competenze e le abilità di ciascuno si misurano solo in base al grado di adattamento alla nuova realtà e alle capacità di sopravvivere in essa. 




Dopo il blackout non conta più l'identità: il presidente degli Stati Uniti, un manager di Google, un attore famoso sono tutti uguali. I soldi sono carta con cui accendere un fuoco, i televisori sono contenitori non di immagini ma di utensili e i cellulari oggetti ricordo di un passato che non c'è più.




Revolution in questo senso è una "ri-evoluzione", ovvero l'uomo si confronta con nuovi scenari e si ri-evolve alla luce dei vincoli e delle condizioni che la sua nuova vita gli pone. Una vita che pare irreversibilmente destinata ad essere priva di elettricità e di tutti gli agi e le comodità ad essa correlati, dove riemerge prepotentemente la dimensione rurale e sociale. Dove l'uomo non può più alienarsi dietro a un computer e deve per forza di cose vivere e sopravvivere con gli altri.




Meditate gente, meditate!








Voto a Revolution: 10!






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